Storia del Cioccolato

Storia del Cioccolato

La storia del cioccolato ha radici antichissime. Secondo i botanici l'albero del cacao, infatti, cresceva spontaneamente già 4000 anni prima di Cristo nei bacini dell'Orinoco e del Rio delle Amazzoni. I primi a coltivare il cacao furono però i Maya, nell'America Centrale, circa nel 1000 a .C.; dalla loro storia e dai loro racconti, ci sono giunte due diverse leggende che testimoniano l'esistenza e soprattutto l'importanza che veniva data a tale frutto. La prima narra di come il dio atzeco Quetzalcoatl, prima di scomparire dal mondo, regalò ai mortali il seme del cacao, da cui si otteneva, appunto, una bevanda amara e piccante, ma dalle straordinarie qualità energetiche ed afrodisiache. In onore del dio questo seme venne chiamato cacahualt, poi trasformato in chocolatl, nome tuttora usato in quasi tutto il mondo.

Nella seconda leggenda, invece, la nascita del cacao si fa risalire alla storia di una principessa azteca, la quale venne uccisa mentre tentava di custodire le ricchezze dello sposo, un grande guerriero partito per difendere i confini dell'impero. Dal sangue della regina nacque, appunto, la pianta del cacao, ai cui semi sono stati associati significati simbolici, essendo questi amari, come le pene dell'amore, forti come la virtù e di un pallido color rosso, quasi come il sangue da cui sono nati.

Quando Cristoforo Colombo, nel 1502, approdò nelle terre dello Honduras, a Guanaja, il cioccolato, o meglio lo "xocolatl" (da "atle", ossia acqua, "xoc", inteso come il rumore di un liquido nei recipienti) unito al "cacahuatl", il cacao per gli aztechi, era non solo una pregiata bevanda, ma i semi erano vera e propria moneta di scambio. Non fu Colombo, però, a capire l'importanza commerciale che tale seme avrebbe avuto in Europa, ma Hernando Cortez nel 1519.

Questi venne infatti scambiato per il dio Quetzalcoatl, la cui apparizione era attesa per quegli anni, cui la popolazione donò una piantagione di cacao e gliene indicò il valore e le proprietà. A Cortez si deve quindi l'introduzione del cacao in Europa, dove grazie all'arte dei frati spagnoli venne trasformata da bevanda amara (xocolatl è infatti acronimo di "acqua amara") in una deliziosa e gustosa, grazie alla sostituzione nella ricetta di pepe e peperoncino con zucchero e vaniglia, oppure cannella. Fu solo nel 1606, però, che la cioccolata arrivò dapprima in Italia, grazie al mercante fiorentino Antonio Carletti, e poi in Francia, in occasione del matrimonio tra la spagnola Anna d'Austria e Luigi III di Francia. Da qui passò per l'Olanda, la Germania fino ad arrivare, solamente nel 1650 circa, in Inghilterra.

A consacrarla come bevanda immancabile nei salotti ufficiali, fu la regina Maria Teresa d'Austria, sposa di Luigi XIV, la quale la faceva abitualmente servire a Versailles. Si racconta anche del fatto che la regina avesse una cameriera personale, detta la "Molina" - dal termine spagnolo "molinillo", ossia il frullino di legno usato per ottenere la schiuma nella bevanda - addetta solamente alla preparazione della cioccolata.

Ma questa bevanda non fu solo appannaggio delle corti; numerosi luminari della scienza vi si interessarono, come il naturalista svedese naturalizzato come Carlo Linneo, che nel 1775 diede all'albero del cacao il nome di "teobroma", dal greco "cibo degli dei". Ma l'elenco dei suoi estimatori è sconfinato: scrittori, musicisti, principi, re e perfino papi hanno dedicato tempo e speso parole nel nome del cioccolato. Basti pensare a Papa Pio V che nel 1569 dichiarò che il cioccolato in quanto bevanda poteva essere assunto nei periodi di digiuno, o a Mme de Maintenon, sposa del Re Sole, e Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, che viaggiavano sempre con la propria scorta di cioccolato. Ancora: Voltaire si dice riuscisse a bere in tarda età fino a 12 tazze di cioccolata, come d'altronde ne faceva largo uso Giacomo Casanova per deliziare le sue amanti, sfruttandone quindi le doti afrodisiache.
Nel 1828, infine, fu un chimico olandese, Coenraad J. Van Houten, che inventò la pressa per spremere il burro di cacao dai chicchi, ottenendo così quello che viene definito "pannello" o massa di cacao, la quale veniva poi ridotta ulteriormente in polvere. Da questa miscela, nacque in Inghilterra l'arte dei cioccolatini; il cioccolato non fu quindi più solo una bevanda, e ad appannaggio di pochi, ma un goloso dessert alla portata di tutti.

L'albero del cacao, coltivato oggi in molte regioni (Sudamerica, Africa, Asia del Sud-Est, Nuova Guinea, Ceylon), raggiunge un'altezza da quattro ad otto metri e porta fiori tutto l'anno, situati sul tronco. Il frutto ha la forma di un cetriolo e contiene semi che vengono essiccati, fermentati, torrefatti e macinati per ottenere la polvere di cacao, il burro di cacao, la cioccolata intesa come bevanda fino ad arrivare, grazie ai moderni procedimenti industriali, alle creme spalmabili od alla cioccolata in tavoletta.

Se da un lato, quindi, le tecniche di lavorazione si sono evolute per rispondere sempre più alla crescente richiesta di cioccolato, dall'altro i processi di tale lavorazione mantengono quelli che erano i capisaldi della coltivazione effettuata ormai secoli e secoli addietro: la piantagione deve essere situata all'interno di una zona definita e compresa tra 20° a nord e a sud dell'equatore, ad un'altezza ideale di circa 400 metri, e con una temperatura compresa tra i 20° ed i 30° C, costantemente, senza mai scendere sotto i 16° centigradi. L'habitat è quello della foresta pluviale, dove vive l'unico tipo di moscerini che rende possibile l'impollinazione. Una volta nate, le piante di cacao iniziano a produrre frutti dopo 4-5 anni; questi frutti, situati sul tronco o tra i rami, sono di forma ovoidale, detti "cabosse", e contengono i semi del cacao. Il raccolto viene effettuato due volte l'anno.

Una volta aperte le cabosse con un machete, queste vengono svuotate dei semi, a loro volta stesi e messi ad essiccare a sole (in alcuni paesi si adoperano ancora delle foglie di banano). I semi verranno poi tostati, privati del guscio e della buccia. I chicchi ottenuti vengono ridotti in granella e nuovamente macinati, ottenendo burro di cacao ed una pasta fluida, la pasta di cacao appunto che, una volta raffreddata, non è altri che il cioccolato amaro. Questa stessa pasta, però, se ulteriormente pressata, perde ancora burro di cacao, lasciando un residuo solido che, passato alle macine, si trasformerà in cacao in polvere. L'aspetto odierno della cioccolata, però, si deve ad una invenzione dello svizzero Rodolphe Lindt, il "concaggio": tramite l'uso di speciali conche, infatti, in cui il cioccolato veniva ripetutamente mescolato, e dove quindi perdeva di granulosità, ed all'aggiunta in fase di lavorazione di una ulteriore dose di burro di cacao per correggerne l'originaria asprezza, il cioccolato ha assunto un aspetto cremoso, denso e vellutato, esattamente quello da tutti conosciuto.

"Chiunque abbia troppo accostato alle labbra il calice della voluttà; chiunque abbia occupato nel lavoro gran parte del tempo destinato al sonno; chiunque, essendo uomo intelligente, si sente momentaneamente svanito; chiunque non possa sopportare l'aria umida, il tempo lungo, l'atmosfera pesante; chiunque sia tormentato da un'idea fissa che gli toglie la libertà di pensare: tutti costoro si prendano un buon mezzo litro di cioccolata ambrata.."

Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826)